Un immenso appetibile mercato. La scuola è anche e soprattutto questo. Del resto quale altra situazione mette a disposizione una formidabile concentrazione di tempo e spazio già disciplinata, permettendo di intercettare un target tanto numeroso quanto difficile e sfuggente come quello dei giovani? Ne approfittano enti, aziende ed agenzie varie. E ovviamente anche l’esercito.
Negli ultimi tempi la presenza, peraltro non nuova, delle forze armate nelle scuole si è fatta più pesante ed invasiva. Si moltiplicano le esperienze di alternanza scuola lavoro presso le caserme; in molte scuole vediamo comparire polizia e carabinieri nell’improbabile ruolo di formatori a cui vengono “esternalizzati” interventi didattici che spaziano dall’educazione civica all’ambientalismo, al bullismo, fino addirittura alla questione della violenza di genere; in Sicilia ci viene segnalato che alcuni istituti scolastici affidano la conduzione di corsi di inglese a militari statunitensi in forze nelle locali basi militari. Sono solo alcuni esempi di una lunga serie di interventi massicci e non certo casuali, sicuramente non iniziati oggi.
Provando a ricostruire le tappe più recenti di questa crescente campagna di militarizzazione delle scuole, emerge, come punto di snodo importante, lo spazio aperto dalle legge 107 del 2015 meglio conosciuta come “la Buona Scuola”, varata da Renzi qualche anno fa.
La compiuta formalizzazione dell’alternanza scuola lavoro all’interno di questa legge-riforma apriva infatti uno spazio in cui il Ministero della Difesa veniva riconosciuto come soggetto abilitato a tutti gli effetti a svolgere funzione formativa, cosa che emerge chiaramente da alcune successive disposizioni attuative.
Dal 2017 infatti è attivo un protocollo d’intesa a tre fra Ministero dell’Istruzione Università Ricerca (MIUR), Ministero della Difesa e Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali; questo atto formalizza la funzione formativa delle forze armate nelle scuole “per la diffusione dei valori etico sociali, della storia e delle tradizioni militari con un focus sulla centralità della cultura della difesa”.
Il ruolo del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in questo partenariato serviva a declinare opportunamente la funzione ideologica delle Forze armate nelle scuole alla valorizzazione dei possibili sbocchi occupazionali del settore militare, obiettivo che è stato realizzato non solo attraverso la moltiplicazione di esperienze di alternanza scuola lavoro presso strutture militari, ma anche tramite vere e proprie azioni di orientamento traducibile in reclutamento dei giovani in età scolare.
Recentemente l’Istituto Geografico Militare ha indirizzato alle scuole della Toscana un piano di azioni di orientamento per l’anno scolastico 2022-23 che si dispiegano in tutti i gradi di scuola: una vera e propria propaganda del militarismo finalizzata alla familiarizzazione con le forze armate, temporizzata con interventi precoci che partono dai primi livelli di istruzione per approdare poi nelle secondarie.
Nelle scuole elementari e medie gli incontri con i bambini e i ragazzi sono legati ad esempio alla ricorrenza del 4 novembre, prevedono distribuzione di materiale scolastico e gadgets con marchio dell’esercito, auspicano la presenza agli incontri di genitori militari in divisa con ruolo di testimonial (viene in mente una vecchia canzone di Pietrangeli: vedi sono il bambino più importante della scuola; ho il papà con la divisa, ho il papà con la pistola…) .
Nelle scuole secondarie di secondo grado a queste tematiche propagandistiche si aggiungono interventi che si configurano come vero e proprio reclutamento, finalizzati a illustrare gli impieghi dell’esercito italiano nelle missioni militari e ad illustrare le “opportunità professionali”. Obiettivo specifico ed esplicitamente dichiarato è quello di pubblicizzare la nuova forma di reclutamento della ferma triennale di cui è prevista l’introduzione a partire dal 2023. Inoltre, per i licei classici e scientifici sono previsti interventi di promozione delle scuole militari per minorenni, come la “Nunziatella” di Napoli o il “Teuliè” di Milano, in cui è possibile entrare a 16 anni e conseguire la maturità già con la divisa indosso.
Un’azione di reclutamento che nulla ha a che fare con l’orientamento. Una precisa manovra di colonizzazione del campo della formazione e della didattica sferrata da presunti specialisti in un settore dove i docenti ci sono già e sono le figure professionali che di istruzione e formazione devono occuparsi, per profilo e per contratto.
Tutto questo si inserisce nel quadro più generale di un’insopportabile e diffusa campagna militarista indirizzata alle giovani generazioni, caratterizzata da aggressività, machismo, culto della gerarchia, dell’obbedienza, della disciplina. Un insieme di ordinarie mostruosità decorate con gradi e stellette, in cui periodicamente spiccano iniziative che rovesciano nelle scuole ulteriori farneticazioni militariste. E’ il caso, ad esempio, della sollecitazione arrivata nelle ultime settimane ad alcune scuole pisane per partecipare alle celebrazioni dell’80° anniversario della battaglia di El Alamein organizzate dalla Brigata Folgore; una battaglia vergognosa che l’Italia ha combattuto e fortunatamente perso a fianco della Germania nazista in una guerra di aggressione.
Fortunatamente si sono levate numerose proteste contro quelli che sono festeggiamenti di battaglie fasciste. E fortunatamente sembra che il progetto dell’Istituto Geografico Militare per le scuole toscane non stia ricevendo adesioni. Ma la situazione è comunque pesantissima.
Tra l’altro, accanto a interventi istituzionali come quelli sopra richiamati, abbiamo intrusioni disgustose di altri soggetti che, pur essendo “informali”, si richiamano fanaticamente alla cultura militare. E’ il caso ad esempio della società privata GDM che organizza corsi di “ginnastica dinamica militare”. Si tratta di una tecnica consistente in esercitazioni che utilizzano caratteristiche proprie di corpi militari, finalizzate, come sostengono apertamente i promotori, all’esaltazione di valori militaristi, nazionalisti, all’obbedienza cieca al comando dell’istruttore e all’annullamento di quelle che vengono definite barriere psico culturali che resistono all’adattamento al comando. A questi soggetti, accreditati dal C.O.N.I, viene concesso dagli enti locali (Comuni, Province) proprietari degli edifici scolastici, l’uso di palestre scolastiche fuori dall’orario delle lezioni, per svolgere corsi privati di questa farneticante disciplina. Insomma, attività paramilitari che si svolgono in locali scolastici concessi da enti locali. In tutta Italia ci sono circa 350 corsi attivi di questa società, recentemente inaugurati anche a Livorno e Pisa tra vivaci opposizioni, presidi e manifestazioni di protesta. Nelle Marche questi soggetti non si sono limitati ad usare palestre extraorario, ma sono entrati in alcune scuole, in orario di lezione, con specifici progetti.
La presenza militare nelle scuole, via via divenuta più massiccia, è tanto più insopportabile in un periodo di guerra come quello che stiamo vivendo, in cui la propaganda bellicista è altamente pervasiva e funzionale al mantenimento di una soluzione armata ai problemi dell’esistente, all’imposizione della povertà, della miseria, del ricatto.
La situazione che abbiamo delineato non può che aggravarsi. Di questo dobbiamo essere consapevoli per organizzare le nostre risposte. Il nuovo governo probabilmente poco muterà quelle linee di politica economica che vengono decise in centrali di potere sovranazionali di cui ogni governo è esecutore. Sicuramente saranno invece portate avanti in un modo ancora più odioso la propaganda patriottarda, il culto identitario, l’esaltazione della forza, della gerarchia, delle armi, il disprezzo per la vita e per la libertà, il machismo, il sessismo, il familismo. Le scuole e i settori della formazione saranno probabilmente uno dei palcoscenici privilegiati, anche se non esclusivi, di questo teatro della retorica nazionalista e fascista. Propaganda che si depositerà su un terreno dissodato da altri, da governi e fronti politici che hanno condotto politiche scellerate, salvo poi inventarsi un antifascismo tutto da ridere in campagna elettorale, o scoprirsi pacifisti (all’antimilitarismo non ci arrivano) all’indomani del 25 settembre. Non è certo su costoro che potremo fare affidamento per contrastare politiche militariste sempre più aggressive. Lo dico perché la questione delle “alleanze” antigovernative, a livello generale, sempre di più sta entrando nei dibattiti. Ma contro la guerra, il militarismo e gli apparati della forza e dell’oppressione fortunatamente c’è chi ha un punto di vista chiaro e definito. Chi ce lo ha per storia, per cultura, per azioni e per elaborazione teorica, come nel caso del movimento anarchico, è riuscito fra l’altro, e sta riuscendo tuttora, ad incrociarsi con i tanti settori sociali, organizzazioni e movimenti che si stanno realmente contrapponendo alla logica della guerra e del militarismo, dalle tante lotte presenti sui territori, alle iniziative di solidarietà, alle azioni di sciopero.
Anche nel mondo della scuola, per tornare al nostro specifico argomento, l’insofferenza verso la presenza sempre più invasiva del militarismo e di ciò che si porta dietro genera protesta da parte di lavoratori, di studenti, di genitori ma non solo. La questione sta assumendo l’importanza che è giusto riconoscerle. È importante aver presente che quando si parla di militarizzazione del territorio dobbiamo tener conto anche di quello che rappresentano le scuole, realtà sociale tra le più diffuse sul territorio, se consideriamo ad esempio che le primarie sono presenti in quella rete territoriale capillare e diffusa rappresentata dai quartieri. E’ bene che anche nelle scuole, da parte soprattutto di chi ci studia e ci lavora, ma pure da settori più larghi, si denunci l’offensiva della campagna militarista e si mettano in atto azioni di protesta. Va assunto come impegno. Contrastare la diffusione della propaganda militarista nelle scuole significa opporsi significativamente alla militarizzazione del territorio, una volta di più, nel nostro agire quotidiano.